30 Lug LA TECNOLOGIA DEL NUOVO PONTE DI GENOVA-SAN GIORGIO
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La nuova struttura è dotata di oltre 240 sensori per monitorare la sicurezza. Ecco cosa ci si può aspettare del sostituto del ponte Morandi
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Una travata continua di 1.067 metri, costituita da 19 campate sorrette da 18 pile in cemento armato, due corsie più una d’emergenza per senso di marcia, 17mila tonnellate di carpenteria metallica in acciaio e 67mila metri cubi di calcestruzzo armato.
Il respiro del ponte
A occuparsi della collocazione degli apparati di misurazione e controllo per il monitoraggio strutturale è Cetena Spa, società del gruppo Fincantieri, a partire dalla progettazione esecutiva predisposta da Italferr, incaricata dal consorzio Pergenova (Salini Impregilo e Fincantieri), che ha identificato punti critici e misure nominali che i sensori dovranno riportare. Cetena ha deciso tipologie, posizioni, modalità di installazione e verifica, quantità da misurare e valori-soglia, sulla base degli indicatori di performance attesa. Le informazioni saranno raccolte da un sistema di supervisione e acquisizione dati (Scada) elaborato da Seastema e basato sul software proprietario Marine portal evolution. La sala di controllo, collocata in un fabbricato tecnologico vicino alla galleria Coronata, avrà due postazioni computer e server per gestire in tempo reale gli impianti tecnologici. Il pannello sinottico e la grafica multifinestra permetteranno di visualizzare eventuali cali di prestazione, guasti e malfunzionamenti sia degli apparati infrastrutturali che di servizio connessi.
Qui arriveranno dunque i dati di 70 inclinometri, 50 accelerometri e altrettanti estensimetri che verranno collocati per monitorare le sollecitazioni strutturali sull’impalcato metallico e sulle parti in calcestruzzo: L’unità di acquisizione e interrogazione del sistema invia dal fabbricato tecnologico un segnale a luce laser lungo la dorsale in fibra ottica che percorre tutta la ‘carena’ del ponte , il sensore riflette l’impulso quando lo riceve, modificandone la lunghezza d’onda in base alla sua posizione. Dal confronto con il valore atteso si può capire se c’è stata una trazione o una compressione (estensimetri), una vibrazione o un movimento (accelerometro) oppure un’inclinazione (inclinometro) della struttura. Osservando lo storico di questi parametri misurati in microepsilon, metri al secondo quadro e millesimi di grado , registrati e visualizzati sullo Scada, sarà possibile capire se qualcosa non va, per intervenire con una manutenzione mirata”.
l collaudo statico e dinamico
Le immagini dei 54 tir da 44 tonnellate che hanno effettuato il collaudo statico e dinamico del ponte sono ancora fresche, ma in quel momento, la risposta è stata misurata da Cetena con una rete di estensimetri elettrici dedicati allo scopo, per le travi metalliche, mentre Sofotec si è occupata di rilevare le deformazioni del calcestruzzo nella soletta, la freccia dell’impalcato (quanto si abbassava) e gli spostamenti degli appoggi metallici sulle pile. Questi sensori grandi quanto un francobollo che, al variare di una resistenza elettrica al loro interno, misurano le deformazioni della struttura su cui sono posizionati quando viene trazionata, estesa o compressa.
Variabili e algoritmi
Anche per questo motivo le otto piastre di pesatura dinamica de veicoli annegate nell’asfalto collocate su ciascuna corsia , hanno avuto la precedenza. Larghe 1,5 metri, sono dotate di celle di carico a fibra ottica Weight in motion che misurano i chilogrammi caricati sull’asse di ogni veicolo in transito. Sarà così possibile conoscere in ogni momento il peso totale presente sul ponte. Questo dato consente di analizzare a ragion veduta le informazioni provenienti dagli altri sensori: non per niente il collaudo è stato effettuato a fronte di carichi noti e maggiori del normale, per capire come la struttura si comporta in situazioni estreme e fare in modo che resista anche alle peggiori code liguri. Abbinate alle immagini riprese da quattro telecamere, le informazioni consentiranno di individuare i veicoli in transito con un carico superiore al consentito.
Di altra tipologia i 30 sensori di spostamento a tecnologia radar, senza parti in movimento usurabili più precisi e duraturi di quelli meccanici. Situati nei punti di congiunzione fra impalcato e piloni, misurano in tempo reale lo spostamento relativo di ciascun piede metallico rispetto al proprio target, collocato sulla pila in cemento. Questo serve a tenere sotto controllo lo scivolamento dell’impalcato causato dalle variazioni di temperatura. Il San Giorgio infatti non avrà quei giunti di dilatazione che fanno sussultare i veicoli sui viadotti, essendo le 19 campate saldate in una travata unica. Gli unici giunti sono all’inizio e alla fine del ponte, per questo gli appoggi sulle pile, studiati allo stato dell’arte, dovranno permettere un leggero scivolamento dell’impalcato per assecondare la deformazione termica con uno scorrimento, misurato dai sensori a tecnologia radar.
Pile che a loro volta saranno dotate di accelerometri e inclinometri alla testa, alla base e sul plinto sotto terra per controllare che restino verticali e non si deformino sotto l’azione del vento, monitorando quanto succede nelle fondazioni in calcestruzzo, anche in caso di scosse sismiche.
E, proprio per misurare l’incidenza del vento, tre anemometri a ultrasuoni saranno collocati a inizio, fine e metà ponte, abbinati a una centralina meteo e a 25 sensori di temperatura, sfruttando la competenza in ambito navale di Cetena. La val Polcevera è battuta da correnti di tramontana e scirocco, variabili che bisogna conoscere per capire il comportamento della struttura. Gli anemometri sono cilindri di 15 centimetri per 15, che emettono e ricevono ultrasuoni: dal ritardo e dalla deviazione del segnale si ottiene il valore dei nodi e la direzione della raffica.
La trasmissione dei dati allo Scada ne permetterà la visualizzazione, ma per avere una visione d’insieme entrano in gioco gli algoritmi. L’identificazione dei cicli di carico (che non riguardano solo le piastre) avviene tramite l’algoritmo Rainflow, che valuta il fenomeno della “fatica” a cui sono sottoposte le strutture metalliche dal cumulo di sollecitazioni varianti sin dal primo giorno.
Gli algoritmi Operational modal analysis (Oma) permetteranno invece di ricostruire il comportamento dinamico della struttura correlando i dati provenienti dagli accelerometri con i carichi dei veicoli e quelli ambientali (vento, temperatura). Otterremo così lo stesso output che ha ottenuto il progettista con modelli numerici, ma a partire dai dati reali. Un modo insomma per ricostruire cosa succede sul ponte, solo guardando i dati. Per fare una metafora, se ogni tifoso allo stadio fosse un accelerometro, si potrebbe capire quale squadra ha fatto gol senza guardare la partita, ma solo misurando le variazioni della frequenza cardiaca di tutti, contemporaneamente e a seconda della zona dove sono seduti.
Quello di Genova è il primo ponte di nuova costruzione che in Italia si è deciso di strumentare fin dall’inizio con un ampio sistema di sensoristica di questo tipo.
un monitoraggio simile sul ponte Morandi avrebbe sicuramente potuto fornire informazioni utili a identificare non il giorno e l’ora del crollo, ma le variazioni del comportamento della struttura nel tempo.
Lo scopo del monitoraggio è esattamente questo: tenere sotto controllo, confrontare con il comportamento atteso, verificare la conformità e fornire al gestore dell’infrastruttura dati su cui poter basare adeguate logiche di manutenzione.
I ponti crollati a San Rocco al Porto (Piacenza, 2009), Annone Brianza (Como, 2016), Camerano (Ancona, 2017), sull’A6 Torino-Savona (2019), Albiano Magra (La Spezia, 2020) e il cedimento nella galleria Berté (Genova, 2019), disegnano una mappa del degrado delle infrastrutture stradali italiane, sollecitate da anni di usura, dissesto ideogeologico, eventi metereologici estremi e un traffico sempre più pesante rispetto all’epoca in cui le opere furono progettate.
Tanto che Anas si è lanciata nel mondo dei sensori, aprendo a fine 2019 quattro bandi di gara di tre milioni ciascuno per il monitoraggio di un centinaio di ponti e viadotti. Anche qui, accelerometri e software dovrebbero aiutare a comprendere meglio le proprietà dinamiche delle strutture. “La tecnologia dei sensori, unitamente alla consolidata attività di sorveglianza ispettiva, consentirà di migliorare ulteriormente il monitoraggio continuo dei ponti e dei viadotti”, si legge.
Oltre ai sensori, la sorveglianza visiva resta necessaria anche per il ponte di Genova, dove i tecnici saranno coadiuvati da due coppie di robot che si muoveranno sulle parti esterne e inferiori per l’ispezione del viadotto nelle zone meno raggiungibili (Robot Inspection) e per la pulizia delle barriere antivento e dei pannelli solari (Robot Wash). Il progetto è nato da una proposta dello studio di Renzo Piano, l’Istituto Italiano di Tecnologia lo ha ideato e brevettato in quanto primo sistema robotico di ispezione automatico al mondo. Il gruppo bresciano Camozzi, specializzato in automazione industriale, lo ha sviluppato costruendone le componenti in fibra di carbonio. Il tutto, su commissione dell’Ati Cetena-Seastema e con l’intervento di Sda engineering per la progettazione strutturale e Ubisive per il software.
“Come un sensore mobile dotato di 82 ruote e largo 7 metri, il robot Inspection farà parte a tutti gli effetti del sistema di monitoraggio – spiega Ferdinando Cannella, direttore di Robotica industriale dell’Iit -. Scorrendo sulla rotaia lungo il ponte muoverà un braccio retrattile di 17 metri per arrivare trasversalmente al centro della carreggiata, scattando 170mila fotografie sui 20mila metri quadri di superficie”. Le immagini in 2D e 3D trasmesse in tempo reale al centro di controllo finiranno in un database che, grazie ad algoritmi di analisi e predizione, darà modo al gestore di intervenire con azioni di manutenzione. In caso servisse un’osservazione più approfondita per una macchia sospetta, una corrosione o vernici deteriorate, sarà possibile montare un terzo braccio verticale dotato di telecamera multispettrale per l’analisi chimica.
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